Oggi l’Italia celebra una data che è il nostro natale dei diritti democratici e repubblicani. Sono passati settantuno anni dalla Liberazione dal regime nazifascista e dalla fine della Seconda guerra mondiale e la distanza temporale da quegli eventi non deve farci sentire lontani dalla storia. Abbiamo il dovere di rendere vivo il ricordo di questo “natale” italiano per non smarrire il senso della nostra identità collettiva. Giovedì scorso insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia abbiamo premiato al Quirinale le scuole vincitrici del concorso “Dalla Resistenza alla Cittadinanza attiva”. È stato emozionante vedere le nuove generazioni così attive nel ricordo e partecipi alla vita democratica del nostro Paese. Quello che segue è il testo dell’intervento che ho fatto in quell’occasione al Quirinale, valido oggi più che mai.
“La generazione alla quale appartengo è una generazione, come la vostra, lontana dalle due grandi guerre del Novecento. Ma a differenza vostra, noi nati negli anni ’70 del secolo scorso, siamo entrati in contatto con questi due episodi epocali attraverso i racconti dei nostri nonni, alcuni costretti a combattere al fronte, altri invece, spinti da un forte senso di responsabilità, partigiani sulle montagne del Nord Italia.
Ricordo ancora i racconti di guerra di mio nonno, durante le feste in famiglia, e il modo stupito con cui mia nonna raccontava a noi nipoti della sua prima barretta di cioccolata regalatele da un americano sbarcato in Sicilia. Come non potrò mai dimenticare quella volta in cui, ormai adulto, ascoltai dalla viva voce di una staffetta partigiana delle Marche la sua storia: ripercorreva gli anni su e giù in bicicletta, una bicicletta sgangherata senza copertoni, a portare ordini e armi ai partigiani nascosti nei monti sopra Pesaro e li ricordava sorridendo, come se fossero state bravate ai fascisti che le perquisivano il portapacchi o le scaraventavano la bicicletta giù in un burrone. Aveva 17 anni allora e quando le chiesero se aveva avuto paura in quegli attimi lei rispose, senza toni solenni ma con una evidenza scontata: “Non avevamo paura perché stavamo lottando per la libertà e quando lotti per la libertà non puoi avere paura”.
La libertà di cui godiamo oggi, a oltre 70 anni di distanza, è una conquista. Altri hanno lottato per permettere a noi di vivere in un’Italia democratica. Italo Calvino nel suo libro I sentieri dei nidi di ragno fa dire a uno dei protagonisti:
“Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano”.
Ci ritroviamo oggi qui – e voglio ringraziare il Presidente della Repubblica per averci ospitati – a celebrare un’Italia che spesso diamo per scontata ma che è il risultato dell’impegno di chi ci ha preceduti. Di chi ha combattuto contro i totalitarismi, rimanendo nascosto nel buio per mesi, di chi è morto per un ideale, di chi si è battuto per estendere il diritto di voto a tutti, donne comprese. Pensate che fino a 70 anni fa non era consentito, sembra assurdo oggi crederlo. Ma è così.
Abbiamo tutti il dovere di conoscere questa storia, la nostra storia. Per capire l’importanza dei diritti di cui godiamo. E perché, sebbene non siamo chiamati, per fortuna, a impugnare un fucile o fare la spola su una bicicletta sgangherata, anche oggi più che mai dobbiamo essere cittadini attivi, responsabili e attenti.
Mi hanno molto colpito alcuni dati pubblicati qualche settimana fa dall’Associazione Treellle. Da un’indagine su 800 giovani tra i 19 e i 23 anni che avevano concluso il percorso di studi della scuola superiore, risultava che il 74,7% non aveva mai letto – o almeno non più di qualche articolo – la Costituzione italiana, la legge principale del nostro Stato, figlia delle conquiste di libertà della Resistenza. Ho trovato il dato allarmante. Nella scuola italiana la cosiddetta “educazione civica” è stata introdotta da Aldo Moro, un partigiano della nostra democrazia, nel 1958. Da allora ha cambiato spesso nome ma di fatto è rimasta poco attuata. E spesso marginalmente. Io credo che al di là di ore curriculari la scuola abbia un compito: quello di sviluppare in voi ragazzi un pensiero libero e critico. Perché è questo il presupposto fondamentale per educare cittadini attivi.
Questo si traduce in lotta alla discriminazione, in inclusione di chi è disabile o straniero, in rispetto delle regole. Con La Buona Scuola abbiamo voluto lavorare in tal senso, rendendo questi principi fondanti nel piano formativo di ogni istituto.
La libertà è un valore di cui non riusciamo a percepire i confini. Può sembrarci impalpabile. Ma basta aggiungere un complemento di specificazione accanto per darci l’idea di quanto ancora oggi sia fondamentale lottare per tutelarla. Libertà di espressione e di pensiero. Libertà di insegnamento. Fino a qualche giorno fa la stampa riportava notizie di contestazioni studentesche che hanno impedito a un professore universitario di svolgere la sua attività in maniera libera. Sapete cosa mi colpisce, da siciliano? Che lo stesso avveniva durante il ventennio fascista ai danni di Giuseppe Antonio Borgese, un mio illustre conterraneo, costretto a lasciare l’Italia per le aggressioni subite e per l’avversione al suo pensiero non allineato a quello del regime fascista. Ai danni suoi e a quelli di coloro che decisero di non giurare al regime.
Libertà di movimento. Se la storia spariglia le carte, se adesso a resistere non ci sono più i nostri nonni e le nostre nonne, ma siriani o somali che cercano salvezza su un gommone, noi non siamo meno responsabili. Proprio qualche giorno fa un’agenzia di stampa inglese, la Reuters, ha ricevuto il Premio Pulitzer, il più importante premio giornalistico, per un fotoreportage sui migranti in arrivo sulle coste greche. Avrete visto le immagini di bambini come voi, in braccio a un genitore o a un volontario, mentre cercano di toccare la terraferma. Sono immagini che non ci devono lasciare indifferenti. Possiamo usare le conquiste dei nostri nonni, le conquiste della Resistenza, per assicurare diritti anche a chi ancora oggi combatte la sua lotta quotidiana per liberarsi dal giogo di una guerra. Senza alzare muri e barriere. Anzi, al contrario, includendo e accogliendo. Tra i banchi di scuola siedono ragazzi e ragazze straniere che attraverso la scuola diventano cittadini italiani. Questo governo ha promosso con forza l’istituto dello ius culturae perché va riconosciuto alla scuola il suo ruolo fondamentale nell’educazione e nella formazione di cittadini responsabili e avvertiti, qualsiasi sia il loro colore della pelle o la regione di provenienza.
Tutte queste libertà sono parte integrante del nostro essere italiani. Sono scritte in maniera inequivocabile nella nostra Costituzione. Ma vanno esercitate. Abbiamo lo strumento del voto, un diritto e un dovere, che ci consente di essere parte attiva di una comunità – italiana ed europea – che lavora giorno dopo giorno per un mondo equo e giusto.
E voi, che oggi premiamo per la vostra sensibilità e il vostro talento, siete la dimostrazione che stiamo agendo nel verso giusto. Mi complimento con voi e con i vostri insegnanti per i lavori che avete presentato, per la curiosità e l’originalità con cui avete affrontato il tema del concorso. E per l’attenzione e l’ascolto che avete dimostrato di avere nei confronti di una storia che vi può sembrare trapassata ma che invece è indispensabile per capire il presente e per immaginare il vostro futuro. Non perdete mai la predisposizione all’ascolto, né tantomeno quella al racconto. Perché la libertà è una conquista ma non è data una volta per tutte. Esercitiamo la nostra libertà nella direzione del bene comune”.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.