#14 La scuola è punto di riferimento per la società. Rendiamola aperta

È incredibile la diversità di esperienze che si possono fare in meno di 24 ore, visitando le scuole del nostro Paese. Puoi vedere realtà e atmosfere completamente agli antipodi. Anche se, ogni volta che ti ritrovi a parlare con chi vive quotidianamente i territori, emerge lo stesso punto di vista: la scuola è uno spazio che dà forma al contesto circostante e che ha bisogno di essere sempre più aperta. Perché la scuola è società. Noi stiamo lavorando proprio in questa direzione.

Stamattina ho visitato la scuola primaria di Stefanaconi, in provincia di Vibo Valentia, un edificio colpito da un incendio, di probabile origine dolosa, appena qualche giorno fa. Circa 100 bambini hanno dovuto rinunciare alle loro lezioni per qualche giorno per via dei danni alle aule, ma si è intervenuti subito per ripristinare la normalità. Quando si va a colpire la scuola, il danno è gravissimo. La scuola è uno dei pochi luoghi istituzionali presente in ogni Comune di Italia e va protetta perché è lì che si forma il futuro del Paese.

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Così come ho visto fare appena ieri a Napoli. In uno dei quartieri più difficili, San Giovanni a Teduccio, Alveare per il Sociale con il progetto Sos Scuola e Poste Italiane sono riusciti a rendere viva e protagonista tutta la comunità scolastica. Decoro degli spazi dell’IC Sarria Monti, laboratori creativi, momenti di inclusione e di contrasto alla dispersione scolastica: la scuola si è aperta al territorio ed è diventata centro nevralgico del quartiere, in una costante osmosi con la realtà circostante.

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È così che deve essere la scuola: rispondere alle esigenze di futuro dei ragazzi, perché le loro esigenze determineranno il nostro domani. E i ragazzi hanno le idee chiarissime: avreste dovuto vedere con quale entusiasmo e con quale precisione definivano la loro scuola innovativa ieri al Miur, durante il primo Hackathon sull’edilizia scolastica che abbiamo lanciato.

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Stiamo rivoluzionando l’idea di scuola che la tradizione ci ha imposto. E lo stiamo facendo tutti insieme. Apriamo gli istituti oltre l’orario scolastico, nel pomeriggio e in estate. Rendiamole punto di riferimento per la società. Le risorse ci sono e le idee non mancano. Dobbiamo arrivare a tutti, anche alla scuola più piccola del Paese.

#13 Good news per l’edilizia scolastica: 52 scuole innovative e 1,7 miliardi di euro in più in legge di Stabilità 2016

#Goodnews per l’edilizia scolastica (ma forse sarebbe il caso, finalmente, di cominciare a parlare di architettura scolastica): al via il concorso di idee per la costruzione di 52 scuole altamente innovative in tutto il territorio nazionale. E ancora nuove risorse destinate a questo settore: 1, 7 miliardi stanziati in legge di Stabilità (risorse fresche, scritte nere su bianco in finanziaria e disponibili dal 2017 per proseguire nel nostro impegno).

Abbiamo fatto un calcolo oggi con il ministro Giannini, durante la conferenza stampa al Miur, e il totale di fondi a disposizione per rendere le nostre scuole sicure, decorose, funzionali, sostenibili – o per costruirne di nuove – ammonta a oltre 7 miliardi di euro. 7 miliardi. Conti alla mano: 3,9 miliardi tra le varie fonti di finanziamento già attive (#scuolesicure, #mutuibei, indagini diagnostiche, per citarne alcuni) che diventano 5, 6 miliardi se aggiungiamo i fondi dello #sbloccascuole, del Fondo Kyoto, dell’Inail, del Por Regioni e delle economie della #buonascuola. E che raggiungono la cifra degli oltre 7 miliardi grazie a 1,7 miliardi previsti nella Stabilità 2016 (per i più meticolosi consiglio di vedere le slide a questo link, trovate tutti i dettagli. I numeri parlano chiaro).

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Mai nessun governo prima di questo aveva mai fatto tanto. Non si sbagliava Matteo Renzi quando, durante il discorso di insediamento il 24 febbraio 2014, metteva l’edilizia scolastica al centro del suo programma di governo.

Dalla capacità di educare, di tirare via, di tirare fuori (nel senso latino del termine) nasce la credibilità di un Paese, ma per farlo c’è bisogno della capacità di garantire una concretezza amministrativa. Con quale credibilità possiamo dire questo se continuiamo a tenere gli investimenti nell’edilizia scolastica bloccati da un Patto di stabilità interno che almeno su questa parte va cambiato subito? Come si può pensare che il Comune, la Provincia abbiano competenza sull’edilizia scolastica senza però avere la possibilità di spendere soldi che sono lì bloccati perché esistono norme che si preoccupano della stabilità burocratica ma non si rendono conto della stabilità delle aule in cui vanno a studiare i nostri figli?

Abbiamo finanziato oltre 12.000 cantieri su cui – dato non secondario – sono state e saranno impiegate circa 100.000 persone fra professionisti e manovalanze, abbiamo lavorato in sinergia con tutti gli attori coinvolti, abbiamo puntato alla realizzazione di una programmazione unica che tenga insieme le priorità di intervento, individuate in maniera strategica e monitorate all’interno dell’Osservatorio, per la prima volta sportello unico per l’edilizia scolastica. Abbiamo deciso di agire in totale trasparenza, perché trasparenza è responsabilità e può aiutarci a fare meglio il nostro lavoro.

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Annunciare oggi la realizzazione di queste prime – e ribadisco “prime” – 52 scuole innovative, evidenza di un cambiamento culturale in atto, e dell’ulteriore miliardo e settecentomila euro sul fondo unico per l’edilizia scolastica è stata una grande soddisfazione: dimostra la concretezza di questo governo, dimostra che la rapidità dell’azione non è estemporaneità ma, anzi, al contrario agire rapidamente ci consente di lavorare con più efficacia e meglio in prospettiva. E le reazioni di apprezzamento di chi è coinvolto a vario titolo in questa impresa – regioni, province, comuni, giusto per fare qualche esempio – ci confermano che stiamo procedendo sulla strada giusta. Apprendere non è solo studiare da un libro ma imparare “attraverso” la scuola. E noi stiamo creando le condizioni perché le nuove generazioni possano allenarsi al futuro in ambienti funzionali e all’altezza delle sfide che dovranno affrontare.

#12 Buona festa della Liberazione. La libertà va salvaguardata ogni giorno

Oggi l’Italia celebra una data che è il nostro natale dei diritti democratici e repubblicani. Sono passati settantuno anni dalla Liberazione dal regime nazifascista e dalla fine della Seconda guerra mondiale e la distanza temporale da quegli eventi non deve farci sentire lontani dalla storia. Abbiamo il dovere di rendere vivo il ricordo di questo “natale” italiano per non smarrire il senso della nostra identità collettiva. Giovedì scorso insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia abbiamo premiato al Quirinale le scuole vincitrici del concorso “Dalla Resistenza alla Cittadinanza attiva”. È stato emozionante vedere le nuove generazioni così attive nel ricordo e partecipi alla vita democratica del nostro Paese. Quello che segue è il testo dell’intervento che ho fatto in quell’occasione al Quirinale, valido oggi più che mai.

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“La generazione alla quale appartengo è una generazione, come la vostra, lontana dalle due grandi guerre del Novecento. Ma a differenza vostra, noi nati negli anni ’70 del secolo scorso, siamo entrati in contatto con questi due episodi epocali attraverso i racconti dei nostri nonni, alcuni costretti a combattere al fronte, altri invece, spinti da un forte senso di responsabilità, partigiani sulle montagne del Nord Italia.

Ricordo ancora i racconti di guerra di mio nonno, durante le feste in famiglia, e il modo stupito con cui mia nonna raccontava a noi nipoti della sua prima barretta di cioccolata regalatele da un americano sbarcato in Sicilia. Come non potrò mai dimenticare quella volta in cui, ormai adulto, ascoltai dalla viva voce di una staffetta partigiana delle Marche la sua storia: ripercorreva gli anni su e giù in bicicletta, una bicicletta sgangherata senza copertoni, a portare ordini e armi ai partigiani nascosti nei monti sopra Pesaro e li ricordava sorridendo, come se fossero state bravate ai fascisti che le perquisivano il portapacchi o le scaraventavano la bicicletta giù in un burrone. Aveva 17 anni allora e quando le chiesero se aveva avuto paura in quegli attimi lei rispose, senza toni solenni ma con una evidenza scontata: “Non avevamo paura perché stavamo lottando per la libertà e quando lotti per la libertà non puoi avere paura”.

La libertà di cui godiamo oggi, a oltre 70 anni di distanza, è una conquista. Altri hanno lottato per permettere a noi di vivere in un’Italia democratica. Italo Calvino nel suo libro I sentieri dei nidi di ragno fa dire a uno dei protagonisti:

“Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano”.

Ci ritroviamo oggi qui – e voglio ringraziare il Presidente della Repubblica per averci ospitati – a celebrare un’Italia che spesso diamo per scontata ma che è il risultato dell’impegno di chi ci ha preceduti. Di chi ha combattuto contro i totalitarismi, rimanendo nascosto nel buio per mesi, di chi è morto per un ideale, di chi si è battuto per estendere il diritto di voto a tutti, donne comprese. Pensate che fino a 70 anni fa non era consentito, sembra assurdo oggi crederlo. Ma è così.

Abbiamo tutti il dovere di conoscere questa storia, la nostra storia. Per capire l’importanza dei diritti di cui godiamo. E perché, sebbene non siamo chiamati, per fortuna, a impugnare un fucile o fare la spola su una bicicletta sgangherata, anche oggi più che mai dobbiamo essere cittadini attivi, responsabili e attenti.

Mi hanno molto colpito alcuni dati pubblicati qualche settimana fa dall’Associazione Treellle. Da un’indagine su 800 giovani tra i 19 e i 23 anni che avevano concluso il percorso di studi della scuola superiore, risultava che il 74,7% non aveva mai letto – o almeno non più di qualche articolo – la Costituzione italiana, la legge principale del nostro Stato, figlia delle conquiste di libertà della Resistenza. Ho trovato il dato allarmante. Nella scuola italiana la cosiddetta “educazione civica” è stata introdotta da Aldo Moro, un partigiano della nostra democrazia, nel 1958. Da allora ha cambiato spesso nome ma di fatto è rimasta poco attuata. E spesso marginalmente. Io credo che al di là di ore curriculari la scuola abbia un compito: quello di sviluppare in voi ragazzi un pensiero libero e critico. Perché è questo il presupposto fondamentale per educare cittadini attivi.

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Questo si traduce in lotta alla discriminazione, in inclusione di chi è disabile o straniero, in rispetto delle regole. Con La Buona Scuola abbiamo voluto lavorare in tal senso, rendendo questi principi fondanti nel piano formativo di ogni istituto.

La libertà è un valore di cui non riusciamo a percepire i confini. Può sembrarci impalpabile. Ma basta aggiungere un complemento di specificazione accanto per darci l’idea di quanto ancora oggi sia fondamentale lottare per tutelarla. Libertà di espressione e di pensiero. Libertà di insegnamento. Fino a qualche giorno fa la stampa riportava notizie di contestazioni studentesche che hanno impedito a un professore universitario di svolgere la sua attività in maniera libera. Sapete cosa mi colpisce, da siciliano? Che lo stesso avveniva durante il ventennio fascista ai danni di Giuseppe Antonio Borgese, un mio illustre conterraneo, costretto a lasciare l’Italia per le aggressioni subite e per l’avversione al suo pensiero non allineato a quello del regime fascista. Ai danni suoi e a quelli di coloro che decisero di non giurare al regime.

Libertà di movimento. Se la storia spariglia le carte, se adesso a resistere non ci sono più i nostri nonni e le nostre nonne, ma siriani o somali che cercano salvezza su un gommone, noi non siamo meno responsabili. Proprio qualche giorno fa un’agenzia di stampa inglese, la Reuters, ha ricevuto il Premio Pulitzer, il più importante premio giornalistico, per un fotoreportage sui migranti in arrivo sulle coste greche. Avrete visto le immagini di bambini come voi, in braccio a un genitore o a un volontario, mentre cercano di toccare la terraferma. Sono immagini che non ci devono lasciare indifferenti. Possiamo usare le conquiste dei nostri nonni, le conquiste della Resistenza, per assicurare diritti anche a chi ancora oggi combatte la sua lotta quotidiana per liberarsi dal giogo di una guerra. Senza alzare muri e barriere. Anzi, al contrario, includendo e accogliendo. Tra i banchi di scuola siedono ragazzi e ragazze straniere che attraverso la scuola diventano cittadini italiani. Questo governo ha promosso con forza l’istituto dello ius culturae perché va riconosciuto alla scuola il suo ruolo fondamentale nell’educazione e nella formazione di cittadini responsabili e avvertiti, qualsiasi sia il loro colore della pelle o la regione di provenienza.

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Tutte queste libertà sono parte integrante del nostro essere italiani. Sono scritte in maniera inequivocabile nella nostra Costituzione. Ma vanno esercitate. Abbiamo lo strumento del voto, un diritto e un dovere, che ci consente di essere parte attiva di una comunità – italiana ed europea – che lavora giorno dopo giorno per un mondo equo e giusto.

E voi, che oggi premiamo per la vostra sensibilità e il vostro talento, siete la dimostrazione che stiamo agendo nel verso giusto. Mi complimento con voi e con i vostri insegnanti per i lavori che avete presentato, per la curiosità e l’originalità con cui avete affrontato il tema del concorso. E per l’attenzione e l’ascolto che avete dimostrato di avere nei confronti di una storia che vi può sembrare trapassata ma che invece è indispensabile per capire il presente e per immaginare il vostro futuro. Non perdete mai la predisposizione all’ascolto, né tantomeno quella al racconto. Perché la libertà è una conquista ma non è data una volta per tutte. Esercitiamo la nostra libertà nella direzione del bene comune”.

 

#11 “Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe”, il mio primo libro, è in libreria. Ve lo presento

Quella che segue è una presentazione. Una presentazione alla quale tengo molto perché mi dà l’opportunità di raccontarvi un lavoro del quale vado fiero e che ho svolto con immensa passione. Di che sto parlando? L’avrete visto in libreria o vi sarà capitato di leggerne sui social. Sto parlando di “Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe”, il mio primo libro, edito da Donzelli Editore, uscito appena qualche giorno fa.

Un libro che – intuirete dal titolo – parla di Sicilia, della mia isola. Una terra che amo profondamente e per la quale voglio il meglio. Ma che purtroppo da troppo tempo è imbrigliata, tenuta in ostaggio da una classe dirigente che, facendosi scudo dell’autonomia, ha preservato privilegi oligarchici, piuttosto che pensare al bene di tutti e allo sviluppo e alla crescita dell’isola. “Sottosopra” è quindi un atto d’amore, un racconto della Sicilia diversa da come siamo abituati a sentirne parlare, ma anche un libro di denuncia. Perché basterebbe intervenire su storture evidenti, sotto gli occhi di tutti, cambiare prospettiva per uscire dal pantano e tornare a prosperare. Nessuno finora ha avuto il coraggio di farlo. Il coraggio o la voglia. E non sono necessarie grandi rivoluzioni. Per mettere la Sicilia “Sottosopra” dobbiamo aprire gli occhi e rendere produttive le immense risorse di cui disponiamo.

Non voglio essere minimamente esaustivo con questo post. Mi piacerebbe tanto destare curiosità e confrontarmi con voi sui temi del libro (se volete organizzare presentazioni di “Sottosopra” nella vostra città o nel vostro comune potete scrivere a Sicilia 2.0 a questa mail: info@siciliaduepuntozero.it). Anche perché questo è un libro che definirei “collettivo”: nasce dalle stimolanti esperienze di “Il futuro è adesso” e “Cambiamenti”, le due cosiddette “Leopolde sicule”, organizzate da Sicilia 2.0, dagli incontri con i tanti che hanno voluto partecipare per condividere le loro buone pratiche o i loro suggerimenti. E deve continuare a esserlo, perché credo che tutti noi, in questo momento storico, siamo chiamati a rimboccarci le maniche e a pensare proposte e soluzioni nuove per porre fine una volta e per tutte ai problemi atavici che attanagliano la Sicilia. Lontani da piagnistei e lontani da atteggiamenti rivendicazionisti e autoassolutori. Lo dobbiamo alle nuove generazioni, lo dobbiamo al futuro, lo dobbiamo all’isola.

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Le presentazioni di “Sottosopra” cominciano questo fine settimana. Abbiamo pensato di organizzare un tour che porterà il libro in giro per la Sicilia – dai capoluoghi ai piccoli comuni – e per l’Italia. Tre le prime tappe: Catania sabato pomeriggio, Messina domenica mattina e Enna lunedì pomeriggio (maggiori informazioni su luogo, orario, etc. qui, qui e qui). Se volete leggere qualche pillola del libro potete dare un’occhiata al profilo Twitter di Donzelli Editore che questa settimana racconta “Sottosopra” in dieci tweet o leggere la scheda del libro a questo link.

Siamo abituati a pensare che mettere qualcosa sottosopra porti con sé un’accezione negativa. Non ne sono convinto. Credo che abbiamo bisogno di coraggio e di scrollarci di dosso polvere sedimentata da anni di inazione. È una scommessa. Ma è anche il momento giusto per rimettere la Sicilia sulle sue gambe.

#10 Pronti per la #sfidAutismo? Ecco cosa dovete sapere

Il 2 aprile è la giornata dedicata, a livello mondiale, all’autismo. La Giornata in cui  questo disturbo si racconta attraverso le storie e le testimonianze di bambini, ragazzi, adulti, attraverso quelle delle loro famiglie e delle associazioni che gli stanno accanto giorno dopo giorno. Ma il 2 aprile è tutto fuorché una giornata meramente rituale. Vogliamo raggiungere, anno dopo anno, una sempre maggiore consapevolezza, perché conoscere vuol dire comprendere e creare una società più inclusiva. Pensate, per esempio, alla prima legge sull’autismo approvata dal nostro Parlamento. È un importante primo passo che appena un anno fa il nostro Paese non aveva.

Quali sono le novità di questa IX edizione della Giornata? Da oggi parte la campagna #sfidAutismo, promossa dalla Fondazione italiana autismo e dai suoi soci, che ha l’obiettivo di promuovere momenti e occasioni di confronto su questo disturbo e una raccolta fondi per finanziare sei progetti (qui li trovate in dettaglio) pensati per migliorare la qualità della vita delle persone affette da autismo e delle loro famiglie.

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Essere protagonisti è veramente facile: basta donare 2 o 5 euro al 45507 da telefono fisso o cellulare a sostegno di questi progetti da oggi fino al 6 aprile. Grazie ai fondi raccolti FIA – Fondazione Italiana Autismo – potrà sostenere progetti rivolti all’istruzione, alla formazione degli operatori della scuola, della sanità e dei servizi sociali e alla ricerca, sia nel campo biomedico che in quello pedagogico, tramite i quali dare supporto alle necessità delle famiglie ovunque in Italia.

Per tutta la settimana, inoltre, la Rai – grazie al Segretariato sociale – ospiterà all’interno dei suoi programmi spazi dedicati a questa tematica e sarà programmata la messa in onda di film che parlano di autismo. Madrina della campagna #sfidAutismo è Eleonora Daniele, conduttrice televisiva. Come Miur abbiamo lanciato, nelle scorse settimane, un concorso per far sì che tutti i nostri studenti e le nostre studentesse possano riflettere su una diversità che non è distanza: basta cambiare prospettiva per capire che comunicare e incontrarsi è semplice. Più di quanto pensiamo.

Come l’anno scorso, il 2 aprile i principali monumenti e le più importanti piazze internazionali si tingeranno di blu, il colore scelto dall’Onu per l’occasione, ma sarebbe bello che ogni luogo pubblico durante quella giornata fosse illuminato di blu. In tutte le città italiane verranno organizzati eventi e incontri per dare voce all’autismo. Basta decidere a quale partecipare (a questo link trovate un elenco con tutti gli eventi in programma). Io concluderò la settimana a Palermo, nella mia città, partecipando alla fiaccolata al Politeama. Mi farebbe piacere incontrarci tutti lì. O comunque saperci tutti uniti in quel momento, ovunque ciascuno di noi scelga di essere.

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Possiamo sfidare tutti insieme l’autismo, possiamo dargli voce e prestare il nostro ascolto. Possiamo fare piccoli ma grandi gesti per accorciare le distanze, per fare della nostra società un luogo inclusivo in cui la diversità sia ricchezza. Il nostro impegno per garantire a queste persone una vita all’altezza delle proprie aspettative non si fermerà il 2 aprile. Sfidiamo l’autismo ogni giorno.

Ps. #StayTuned perché ci sono sorprese in serbo.

Ps2.  Volete “vestire” le vostre bacheche Twitter e Facebook con i colori dell’autismo? Se sì, qui trovate tutto quello che vi serve.

 

 

#9 Segnatelo in agenda: dall’otto al dieci aprile torna “Cambiamenti”. Ecco le prime novità

Reminder prima di andare in vacanza per le festività pasquali: segnatelo in agenda, dall’otto al dieci aprile non prendete impegni, ci vediamo tutti a Palermo, alle ex Fabbriche Sandron, per “Cambiamenti”.

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Cosa abbiamo voluto mantenere in questa edizione numero due? La possibilità di trovarci tutti insieme a immaginare una Sicilia e un Sud diversi e migliori. I “cambiamenti” possono e devono venire dal basso, possono e devono aggredire una gestione stanca e rassegnata dell’isola. Possono essere piccoli, semplici, ovvi ma non per questo meno rivoluzionari. E tutti possiamo essere protagonisti di questa trasformazione, ciascuno per la propria parte. Cominciamo venerdì pomeriggio alle 16.30 (prima novità dell’edizione 2016) e insieme a me sul palco ad accogliere chi vorrà intervenire e portare il proprio contributo (tempo di intervento 5 minuti) Eleonora Daniele, volto noto Rai che ringrazio per aver fortemente voluto essere presente.

Proposte arriveranno da esponenti della società civile, da artisti, da personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport, da uomini e donne dell’imprenditoria, ma anche da esponenti del governo Renzi (saranno numerosi i ministri a intervenire all’evento), esponenti della segreteria nazionale del Pd, sindaci e parlamentari italiani, eurodeputati. Niente passerelle: spazio alle idee di chi, anche da oltre lo Stretto, può dare una mano a costruire una Sicilia in ripresa e in crescita. E il confronto con un’Italia che si è scrollata di dosso il peso dell’immobilismo, grazie a una stagione coraggiosa di riforme, può essere fondamentale e d’esempio per tutti noi isolani.

La sera del venerdì show cooking con, Santi Palazzolo, pasticcere siciliano di cui tutti dovremmo essere orgogliosi, e Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (presidente è Carlo Petrini, patron di Slow Food, per intenderci) e molti altri esperti del settore. E in collaborazione con gli istituti alberghieri siciliani e l’animazione dell’Istituto superiore di studi musicali “A. Toscanini” di Ribera. Mentre sabato sera, per chi vuole, tour notturno nel percorso arabo-normanno della città. Parliamo di Unesco, patrimonio dell’umanità.

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Sono pillole. Stay tuned perché c’è ancora molto altro da sapere. Intanto registratevi su www.siciliaduepuntozero.it (considerate che già oltre duemila persone l’hanno fatto) e, se vi va, sostenete l’iniziativa, organizzata dall’associazione Sicilia 2.0, con una piccola donazione (trovate tutte le informazioni al link sopra). Sul sito avete anche la possibilità di scegliere le tematiche di sei dei trenta tavoli di discussione che lavoreranno durante la tre giorni. Possiamo cambiare le cose, possiamo farlo dal basso, possiamo farlo insieme.

#8 Sutera, la città modello che rivive grazie agli immigrati

Prendete una città che ha visto la sua popolazione ridursi da 5.000 abitanti nel 1970 ad appena 1.500 oggi. Prendete strade su cui si affacciano persiane che rimangono sempre chiuse, case vuote, negozi senza personale. Siamo a Sutera, cittadina vicino a Caltanissetta. Eravamo a Sutera, è il caso di dire. Perché oggi la situazione è ben diversa grazie all’accoglienza e all’apertura degli abitanti, che hanno spalancato le loro porte ai migranti che arrivano sulle nostre coste. È questa la Sicilia che mi piace.

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La notizia di questa nostra perla, di questo modello virtuoso dietro l’angolo,  è arrivata lontano, sulle pagine del Time, per rimbalzare sui nostri quotidiani. In un Paese a crescita zero, come è l’Italia – crescita zero vuol dire che, secondo dati Istat, alla fine del 2014 il saldo tra nascite e morti era negativo: -95.768. Il picco più negativo dal 1917, prima guerra mondiale, per intenderci – i flussi migratori riescono a malapena a compensare questo calo demografico naturale. A Sutera l’hanno capito, come hanno capito che l’immigrazione è ricchezza, che l’accoglienza e la condivisione non vanno osteggiate per paura o timore. Perché solo aprendoci riusciamo a non morire.

I confini non devono essere barriere, muri issati per nascondere le nostre debolezze. Devono essere filtri attraverso cui passa la conoscenza, una conoscenza che, insieme al rispetto dell’altro, diventa beneficio per una cultura e un’identità. Nell’articolo del Time il sindaco di Sutera lo dice chiaramente: la città prende il suo nome dal greco e vuol dire “salvezza”. Una salvezza dalla doppia faccia: per i migranti che possono abitare ampie e decorose case, piuttosto che vivere in un centro di accoglienza, avere un lavoro in attesa dei permessi di soggiorno; per i siciliani che si trovano a camminare e condurre la loro esistenza in uno spazio sano, economicamente rivitalizzato, vivo.

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È la condivisione che abbatte terrorismi e discriminazioni. È la conoscenza che unisce. Pensate all’istituto dello ius culturae di cui tanto si è dibattuto negli ultimi mesi. Dietro ai nostri banchi di scuola siedono 805.800 alunni stranieri, che imparano a leggere e scrivere in italiano, che un giorno siederanno dietro lo sportello di una Posta, saranno alla guida di un’azienda, faranno ricerca nelle nostre università. Ragazzi e ragazze che a scuola acquisiscono una cittadinanza. Lo fanno ormai da anni. Ma solo adesso grazie all’istituto dello ius culturae il loro percorso di acquisizione di consapevolezza e di identità – identità sempre fluida e aperta a contaminazioni così come deve essere – viene riconosciuto anche dalla legge. Nel 2014 i minori stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana attraverso le due vie previste dall’ordinamento italiano – trasmissione dei genitori e scelta al compimento del diciottesimo anno d’età – sono stati 48.000. Abbiamo fatto un calcolo di quanti ragazzi che frequentano oggi la scuola italiana potranno diventare cittadini con l’introduzione dello ius culturae e il risultato è strabiliante: oltre 200.000, circa 530.000 al massimo entro 5 anni. E questo succederà anche a Sutera che invece di impiegare la sua forza nella costruzione di recensioni di filo spinato, ha deciso di vincere le diffidenze e di fare ciò che umanamente e naturalmente le veniva di fare: accogliere. Forse sono i luoghi d’emigrazione, come la Sicilia, che più di altri sanno intercettare in questi movimenti fisici e geografici, percorsi della speranza. Abbiamo un grande patrimonio valoriale che non può, né deve essere disperso. Abbiamo una lezione da insegnare all’Europa. Facciamolo.

#7 Play your part for a better Internet! La Rete connette: contro il #cyberbullismo educhiamo i ragazzi all’accoglienza

Alzi la mano chi non trascorre buona parte della sua giornata connesso in rete attraverso smartphone o direttamente davanti a uno schermo del pc. La Rete, per la sua accessibilità e per la sua perenne disponibilità, è uno strumento che offre spazi di libertà ma al tempo stesso rischia di essere fraintesa e di essere concepita come un luogo senza regole. Dagli adulti, tanto più dai ragazzi e dalle ragazze. Internet è talmente alla portata di tutti, talmente invasivo, che l’uso che ne facciamo può risultare inconsapevole. Uno speakers’ corner in cui chiunque può dare sfogo alle proprie pulsioni, ai propri pensieri. Senza incorrere in sanzioni, né in censure morali. Internet è fluido e veloce e il popolo della rete dimentica in fretta. Falso. Il cyberbullismo è un fenomeno che tende a diffondersi velocemente e a fare danni irreparabili per chi ne è vittima.

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Libertà, ricerca di approvazione, inconsapevolezza. E quindi irresponsabilità. Secondo un’indagine che Generazioni Connesse, il Safer Internet Center italiano, ha affidato a Skuola.net e all’Università degli Studi di Firenze solo l’8% dei ragazzi e delle ragazze della cosiddetta Generazione Z – nati tra il 1996 e il 2010 – ammette di avere intenzionalmente preso di mira un compagno, mentre uno su 10 sminuisce il proprio comportamento come scherzo innocente. Mutatis mutandis, la differenza tra lo scherzo e il bullismo mi fa pensare al confine – labile per chi è coinvolto – tra un amore passionale e uno tossico. “Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo” scriveva Robin Noorwood in Donne che amano troppo. Ecco, lo stesso vale nei casi di bullismo cyber o meno. Quando l’eccesso provoca un disagio alla persona ci troviamo di fronte a una distorsione che va immediatamente bloccata.

La scuola può fare molto (e per la verità sta già facendo molto). Una giornata mondiale come questa del Safer Internet Day non è l’unico momento di attenzione su questo tema ma un’occasione di confronto sano su un percorso che portiamo avanti giorno dopo giorno. Agiamo su un doppio fronte: da una parte educhiamo i ragazzi e le ragazze al rispetto dell’altro. Sono tante le misure che come Miur abbiamo intrapreso e sosteniamo. Non ultima l’introduzione nella legge 107/2015 del comma 16, il comma che riguarda, appunto, l’educazione al rispetto come forma di contrasto alle discriminazioni e alle violenze. E poi offriamo ai giovani che usano la tecnologia e la rete nella vita di tutti i giorni – a scuola, ovunque – strumenti per adoperare questi mezzi in maniera consapevole, senza subirli passivamente. Un doppio binario imprescindibile se vogliamo educare cittadini consapevoli e avvertiti, senza demonizzare una piattaforma di enormi possibilità, che ha reso il mondo veramente globale, veramente navigabile, finalmente conosciuto. Un doppio binario indispensabile per distruggere le sacche di resistenza nell’accoglienza e nell’inclusione.

#6 Dall’8 al 10 aprile torna la “Leopolda sicula”. Quest’anno “Cambiamenti”

 

Questa cosa che dice il filosofo autore di canzonette di Battiato, Manlio Sgalambro, […] che là dove domina l’elemento insulare è impossibile salvarsi, che per ogni isola vale la metafora della nave, e che quindi è destinata al naufragio, questa cosa qua, […] bella è bella come frase filosofica da mettere in una canzonetta, ma però a me mi sembra una mezza minchiata.

Ha ragione Giuseppe Rizzo, scrittore isolano come noi, autore di queste frasi. Ha ragione a dire che dobbiamo dire basta alle “mezze minchiate” romantiche di un autonomismo da strapazzo, usato alla buona per giustificare e mantenere privilegi, sprechi, condotte incancrenite e rendite di posizione. È arrivato, per la nostra regione, il momento dell’azione, il momento della reazione. L’ora del cambiamento, reale e duraturo.

A dire il vero per molti siciliani quel momento è arrivato già da un po’. L’anno scorso sono state oltre seimila le persone registrate all’evento “Sicilia 2.0”, un unicum nella storia del nostro territorio. La più grande manifestazione democratica degli ultimi tempi che ha coinvolto personaggi illustri, esponenti della società civile, uomini politici e semplici cittadini, tutti insieme per un obiettivo comune: vedere una Sicilia libera da lacci e costrizioni, una Sicilia in cui crescita e sviluppo siano parole del linguaggio quotidiano e non desideri irrealizzabili. E la “Leopolda sicula” torna anche quest’anno, tre giorni – dall’otto al dieci di aprile – di intenso dibattito, di idee, di fantasia e immaginazione al potere. Di visioni di mondi impossibili che diventano possibili se c’è la voglia e la forza di impegnarsi concretamente.

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Vogliamo una Sicilia senza etichette. Le etichette informano sul prodotto ma allo stesso tempo lo nascondono. E alla fine si finisce per credere di più a quello che c’è scritto sopra che non a ciò che è contenuto all’interno. Via l’etichetta dell’antimafia da chi la usa per accreditarsi nella società civile e fare il proprio sporco interesse. Via l’etichetta dell’ambientalismo da chi lo agita come totem ideologico per contrastare il progresso, anche quello ecosostenibile. Via l’etichetta dello specialismo da chi lo impiega per imbandire le tavole di pochi per lasciare a secco i più. Via l’etichetta del lavoro da chi lo utilizza per creare e conservare “posti” e assistenzialismo senza pensare in termini produttivi. Per tornare a Giuseppe Rizzo, radiamo al suolo la nostra isola e ricominciamo da capo piantando semi che attecchiscano su un terreno, come è il nostro, ricco di risorse naturali.

E facciamolo tutti. Tutti quelli che ci vogliono stare. Come disse Matteo Renzi durante il discorso della vittoria dopo le primarie per diventare segretario del Pd, “non serve avere una tessera di partito per avere una buona idea. Non dobbiamo più vedere respingere chi sta fuori”. Il tesseramento al Pd non è un’iscrizione riservata in un club di iniziati. Bisogna aprire le porte per intercettare tutte le energie positive.

E mentre i titoli a tutta pagina dei giornali degli ultimi giorni inseguono fantasmi del passato, fatti tornare in vita da una minoranza che ha bisogno di un nemico per testimoniare un’esistenza, ci sono nuove forze, altamente qualificate che vogliono portare il loro contributo per un’isola e un Paese migliore. A Palermo, per esempio, un gruppo di dottorandi, assegnisti, ricercatori precari da tempo chiedevano di aderire al Pd. Lo hanno fatto, avviando un circolo: tra le migliori menti del territorio insieme per evidenziare storture e costruire soluzioni. Idee fresche, attuali e all’avanguardia. E invece da giorni non si fa altro che parlare con apprensione del redivivo Cuffaro. Addirittura la lista dei terrorizzati dall’invasione cuffariana annovera anche Crisafulli, che l’ex presidente della regione è andato a trovarlo in carcere. Tra le fila della “resistenza” ci sono quelli che ci guidavano quando perdevamo 61 a 0 e che dell’essere minoranza ne hanno fatto una ragione di vita. Quelli che hanno bisogno di un nemico – Berlusconi, Cuffaro – per esistere. Io Cuffaro in vita mia non l’ho mai incontrato. Non attribuisco un valore morale a questo fatto. È una questione generazionale. Per  me è come se fosse un ex giocatore di calcio, prendete Gianluca Vialli, che oggi commenta le partite in tv. Ecco io lo vedo così. Cuffaro è uno spauracchio usato da quelli che hanno paura di un Pd allargato, gli stessi che respingevano gli elettori ai gazebo alle primarie aperte.

Parliamo per categorie politiche, storiche, lessicali che ormai non hanno più ragione di esistere. Tempi andati. Negli stessi anni in cui Cuffaro presiedeva la Regione, io e alte ragazze e ragazzi riaprivamo una sezione dei Ds in una borgata periferica di Palermo, raccoglievamo firme tra i cittadini per realizzare un parco giochi e per non far chiudere una delegazione municipale. Facevamo piccole lotte, piccoli passi, piccoli cambiamenti. Oggi governiamo il Paese. Le rivoluzioni, quelle da tutto e subito, alzano polveroni e poi, quando tutto è sedimentato, lasciano il deserto. È per questo motivo che la seconda edizione di Sicilia 2.0 – un evento, come l’anno scorso, senza bandiere partitiche, ma aperto alle idee e ai contributi di chi vorrà farsi avanti – si chiamerà “Cambiamenti”. Un nome semplice, perché semplice è lo sforzo che ciascuno di noi può fare per disegnare nuove strade per la Sicilia. Ma ci vuole coraggio, ci vuole determinazione, ci vuole passione.

Il Pd ha cambiato veste ed è oggi un partito maggioritario. Che beneficia di apporti nuovi, magari insoliti, ma sempre costruttivi. Sul palco di Sicilia 2.0 l’anno scorso hanno avuto modo di dire la propria e portare un contributo notevole personaggi come Giuseppe Cimarosa che ha preso le distanze da un modello familiare, quello dei Messina Denaro, opprimente e insano. Personaggi come il regista Paolo Bianchini che lavorano ogni giorno per un’isola culla dell’accoglienza e del rispetto dell’altro. Personaggi come Maurizio Zamparini che vedono nella nostra regione un luogo su cui investire per creare condizioni di sviluppo.

Possiamo essere i protagonisti del cambiamento, quelli che tagliano le tasse, che creano le occasioni di sviluppo, che puntano sul merito, che mettono al centro i giovani e le eccellenze della nostra terra. Quelli che, avendo come riferimenti Pio la Torre e Piersanti Mattarella, mettono al centro la legalità, quella vera, lontanissima dai professionisti dell’antimafia e da chi a sinistra e nelle istituzioni, con la mazzetta di giornali sotto il braccio e pronto a “dettare la linea” in nome di una presunta superiorità morale, ne ha tratto vantaggi e benefici. Possiamo essere quelli che fanno la differenza. Dobbiamo avere coraggio.

#5 Diario di viaggio finlandese. Dentro “la fabbrica dell’apprendimento”

Reduce da una full immersion in terra finlandese alla scoperta di un sistema di istruzione ritenuto eccellenza europea. Ritenuto a ragione eccellenza europea. Ho avuto modo di visitare istituti comprensivi e licei della città di Helsinki, ho avuto la possibilità di incontrare istituzioni e addetti ai lavori del mondo della scuola, all’Agenzia nazionale dell’Educazione, al Ministero della Cultura o in Parlamento. E una cosa è chiara: il sistema d’istruzione finlandese è un sistema realmente autonomo. E nonostante tutto è un sistema che si mette in continua discussione per migliorarsi sempre più, scomponendosi e ricomponendosi in nuovi equilibri. I finlandesi sono abituati a pensare che non si sia mai arrivati a risultati definitivi, ma che ci si debba sempre pensare in maniera diversa. Così come sono educati a pensare i singoli studenti.

Attenzione: qui non si tratta di fare paragoni tra “noi” e “loro”, loro che “stanno avanti”, noi che “siamo lontani anni luce”. I due sistemi d’istruzione, quello finlandese e quello italiano, sono differenti come differenti sono le società e le culture che li hanno prodotti. Eppure la conoscenza genera arricchimento: vedere in profondità quel sistema ha confermato la “bontà” di alcune scelte fatte grazie alla legge 107/2015, ne ha ispirate delle altre, ha dimostrato come in alcuni campi – primo fra tutti quello dell’inclusione di alunni disabili e stranieri, a Helsinki esistono ancora classi e scuole speciali, purtroppo – il nostro Paese ha da insegnare a tutta l’Europa.

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Vediamo in dettaglio. Le scuole finlandesi si preoccupano poco di compiti e interrogazioni. Hanno un solo obiettivo: sviluppare le competenze dei ragazzi, aiutarli a raggiungere i propri scopi. Sono rimasto molto colpito, durante l’incontro all’Agenzia nazionale dell’Educazione, nel vedere una slide con una cloud che riassumeva, per parole chiave, gli obiettivi che le scuole finlandesi si danno attraverso un curriculum nazionale che viene aggiornato ogni dieci anni. Fiducia, responsabilità, consapevolezza di sé. Non solo competenze linguistiche o matematiche, niente che sia misurabile con voti da uno a dieci. Nella scuola finlandese insegnanti e alunni non giocano a guardie e ladri. I ragazzi (e il loro futuro) stanno al centro. Il lavoro scolastico viene svolto per “problemi” e voti e verifiche arrivano solo alla fine di un periodo scolastico, i ragazzi non studiano per il voto sul registro e per la media sulla pagella.

Questo non fa altro che rendere più autonomi i ragazzi. Al punto tale che dopo il percorso di studi del primo ciclo (nove anni) gli alunni possono scegliere il proprio curriculum, decidere di approfondire determinate discipline piuttosto che altre, in maniera orientata ma consapevole. Gli alunni costruiscono consapevolmente il proprio futuro. E questo li responsabilizza in un modo che la scuola italiana finora non è stata ancora in grado di fare. Ma i tempi stanno già cambiando.

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La scuola finlandese è una fabbrica di apprendimento plurale e a più livelli. Nella scuola imparano gli studenti ma anche gli insegnanti. Fondamentale nel sistema finlandese è la formazione iniziale dei docenti. Alla Viikki Teacher Training School ho visto ragazzi e ragazze affidati a tirocinanti dell’Università. Futuri insegnanti che imparano una professione praticandola direttamente. In assoluta sinergia tra scuola, università e mondo del lavoro. Una sorta di alternanza scuola-lavoro applicata all’insegnamento. Con effetti e ricadute straordinarie nel sistema di istruzione finlandese. Non compartimenti stagni che si incontrano solo se devono e in ritardo, con il risultato di una classe docente che spesso arriva in aula senza essersi mai confrontata in maniera diretta con il proprio lavoro o peggio avendolo fatto in modo precario e non verificato da alcuno.

Viikki

E gli istituti sono aperti sul serio e senza restrizioni di alcun tipo. Sono luoghi della cultura, non solo dell’istruzione. Porte spalancate (e senza vigilanti, custodi o chicchessia) fino alle dieci di sera, biblioteche gestite da bibliotecari professionisti, pareti e scaffali coperti da collezioni d’arte dei principali musei nazionali. Educare alla bellezza con la bellezza e nella bellezza. Non in scuole fatiscenti o indecorose. Ma non solo per le condizioni degli edifici, ma anche per il valore centrale che si dà all’istituzione scolastica.

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Un esempio della differenza di prospettiva? In Finlandia si parla di “architettura scolastica”, non di edilizia scolastica. Dietro una scuola un’idea ben precisa di scuola. Non luoghi di risulta da destinare all’uso. Gli istituti devono essere funzionali. I ragazzi devono sentirsi a casa, camminare a piedi scalzi – come ho visto a Helsinki – e lì imparare a conoscersi e a costruire con le competenze scoperte il proprio futuro.

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Con #labuonascuola noi abbiamo lavorato in questa direzione. Ma non siamo che all’inizio di un cambiamento che deve essere radicale per dare veramente frutti.

Ps: Mettere gli studenti al centro non vuol dire “viziarli” o agire sotto le loro pressioni o minacce. Anzi, tutto il contrario. Vuol dire agire per il loro bene, per renderli autonomi e capaci di gestirsi. Anche se forse in Finlandia esagerano un po’ sul tema: tutti gli alunni, soprattutto i più piccoli, svolgono attività all’aperto anche fino a 15 gradi sottozero.